PAOLA BOCCI

LOMBARDIA

DI TUTTI, PER TUTTI

Voglio impegnarmi per una Lombardia di tutti e per tutti, che riduca le distanze tra i suoi territori, valorizzando Comuni e Città Metropolitana, tenendo insieme sostenibilità, servizi innovativi e sostegno ai più fragili. Una Regione finalmente amministrata con sensibilità, trasparenza, nel rispetto della legalità.  Una Lombardia accessibile a tutti, al servizio di tutti.

AMBIENTE e TERRITORIO

Per una Lombardia più vivibile e pronta ad affrontare i cambiamenti climatici.

La gestione sostenibile delle risorse naturali è una leva fondamentale di sviluppo economico e di difesa della qualità della vita nella nostra Regione: è uno di quegli ambiti in cui serve “più Regione” per coordinare gli interventi, più investimenti per proteggere il territorio, più controlli per garantire sicurezza e  più ampia  partecipazione dei cittadini per decidere.

Stop al consumo di suolo e mappatura delle aree dismesse
Il tema del consumo di suolo è da alcuni anni al centro di intensi dibattiti, e noi riteniamo che in Lombardia sia stato diffusamente superato l’equilibrio tra reale  necessità e rispetto del territorio.

La ‘cementificazione’ ha avuto come conseguenze evidenti il ridotto deflusso delle acque meteoriche, la mancata protezione da erosione e inquinamento e  la minor regolazione del clima. Inoltre ci è costata cara: ogni ettaro di suolo urbanizzato genera una spesa pubblica di circa 6500 euro all’anno per la sua manutenzione.

Per questo è necessario che nell’attuale Legge regionale sulla protezione del suolo (n. 31, 2014) sia definito come consumo di suolo ogni processo di impermeabilizzazione, indipendentemente dalla destinazione urbanistica e dalla sua necessità sociale (ospedali, capannoni industriali, supermercati).

Per rispettare l’indicazione UE “consumo di suolo zero entro il 2050”, è necessario prevedere chiari obiettivi intermedi, vincoli alle prerogative dei comuni minori, e forti stimoli alla rigenerazione del patrimonio esistente e al riuso delle aree dismesse.

Zero consumo di suolo significa anche dotarsi di uno strumento di compensazione che vada a pareggiare suolo costruito con suolo ridato al territorio; estrema severità nella valutazione delle grandi opere (es. Pedemontana o BreBeMi); più manutenzione dell’esistente; essere in grado, entro i primi due anni di governo regionale,  di dire a tutti i lombardi quante aree dismesse abbiamo e quanti edifici sotto utilizzati ci sono.

Parchi naturali, aree protette e zone montane
Le aree protette e i parchi naturali (il 30 % della superficie della Lombardia, tra le maggiori della UE) sono un valore ancora poco conosciuto: la Regione non deve limitarsi a un ruolo di “salvaguardia” di queste aree, ma deve intraprendere percorsi di maggiore promozione e valorizzazione,  in sinergia con uno sviluppo sostenibile dei territori.

La corretta gestione dei parchi lombardi stimolerà ulteriormente anche la ciclabilità, il turismo, l’agricoltura (con promozione dei prodotti del territorio) e la forestazione.

In questo quadro l’impulso allo sviluppo dei parchi di cintura urbana, con mobilità sostenibile e incentivi al recupero e riconversione di edilizia  rurale (cascine), ha un ruolo essenziale. Le Guardie Ecologiche Volontarie potrebbero ampliare le proprie mansioni ed essere impiegate per la salvaguardia delle aree verdi ed agricole e anche contro il degrado urbano.

Prestare la dovuta attenzione alla montagna: la Lombardia assiste da anni a un incremento incontrollato delle aree boschive non coltivate, ai margini di parchi e foreste. A oggi si preleva solo il 17% del bosco che cresce mentre la media EU è del 60% con un evidente spreco.

Una gestione non corretta di questa risorsa genera significativi impatti economici e sociali (mancati posti di lavoro e assorbimento attivo migranti) oltre al fatto che tagli corretti del bosco deciduo aumentano la capacità di assorbimento della CO2 che si traduce in un fondamentale servizio eco sistemici di cui l’intera collettività, in particolare quella della zone urbane, beneficerebbe.

Lombardia, regione delle acque
I dati sulla qualità del reticolo idrico lombardo (solo nella Città Metropolitana costituto da 8000 km tra fiumi, canali, rogge) uno dei più capillare e sviluppati al mondo, indicano che solo un terzo dei corsi d’acqua e’ in buono stato. Preoccupante anche il fatto che l’80% delle acque sotterranee non raggiunga gli standard qualitativi stabiliti dalla Commissione Europea.

E’ necessaria una decisa inversione di rotta rispetto all’allocazione di risorse, potenziando le esperienze di “riqualificazione dei bacini”, nell’ambito dei Contratti di Fiume (accordi formali tra pubblico privato e cittadini). In considerazione dei riflessi positivi che questo avrà sugli aspetti paesistico-naturali e ambientali del territorio, e sulla vita stessa dei cittadini si potrebbe vincolare l’utilizzo di parte dei proventi dell’uso delle acque a interventi di riqualificazione del fiume e alla valorizzazione del suo intorno in chiave turistica (es. piste ciclabili lungo gli argini)

Lotta all’inquinamento
In alcune aree della Lombardia i livelli di inquinamento consentiti dalla UE sono costantemente superati: non è più emergenza e la qualità dell’aria deve essere tutelata con interventi strutturali sia sul riscaldamento domestico e sulla riduzione dei consumi energetici degli edifici sia sulla mobilità e il traffico.

Incentivi e finanziamenti ai proprietari privati e conversione ecologica per l’edilizia pubblica; interventi mirati di efficientamento energetico degli edifici.

Meno traffico e meno auto, limitare la circolazione delle auto, soprattutto le più inquinanti. Più trasporto pubblico locale, migliorare le linee ferroviarie (treni in orario e confortevoli per i pendolari) tutte le linee ferroviarie, non solo quelle che connettono nodi rilevanti.

Investire sulla mobilità sostenibile, con l’obbiettivo di più benessere, più sicurezza sulle strade, meno inquinamento. Agendo a sistema: attraverso progetti di reti di ciclabilità tra più comuni, rafforzando l’intermodalità tra bici e altri mezzi pubblici (treni, traghetti, autobus, funivie) e una rete di ospitalità diffusa (che consenta il ricovero della bici). Destinando una quota parte dei proventi dalla tassa regionale del bollo auto a interventi sulla ciclabilità. Istituendo stabilmente un comparto dedicato alla mobilità dolce nella struttura tecnica del settore mobilità.

CULTURA e FORMAZIONE

CULTURA
Cultura diffusa e partecipata come investimento e leva di sviluppo dei territori. Politiche culturali di prossimità e di reti, finanziate adeguatamente dalla Regione. Collaborazione tra pubblico e privato.

La Lombardia ha una grande ricchezza di patrimonio culturale e paesaggistico, dalle grandi città, ai centri minori e alle aree interne. Patrimonio e territorio, ambiente, beni e attività culturali sono da considerarsi un unico insieme.

La spesa pubblica in cultura è un investimento e non un costo: la cultura ha una funzione sociale  ed è  leva fondamentale di sviluppo economico ed emancipazione sociale, crea posti di lavoro e coesione nella comunità, può riqualificare quartieri, territori e centri isolati o in sofferenza, e incoraggiare il turismo.

Non solo conservando l’esistente ma incentivando le nuove produzioni culturali.  

La Giunta Maroni ha interpretato la cultura come Conservazione, Identità, Tradizione. Non basta: accessibilità, innovazione, inclusione e partecipazione devono essere le nuove parole per il rilancio culturale dei territori.

Una politica culturale di prossimità, diffusa su tutto il territorio lombardo.
Una politica culturale che sappia puntare anche su iniziative locali, rivolte a pubblici più ridotti, minori ma importanti se messe in rete e messe a sistema.

Politiche culturali organiche per aree vaste, come la Città metropolitana di Milano: la Regione deve farsi promotrice di politiche culturali di rete, superando la mera erogazione di fondi.

Cultura come risorsa attrattiva: per le periferie, i piccoli comuni e le aree interne a rischio di spopolamento, dove mancano servizi e prospettive di sviluppo, di futuro soprattutto per i giovani. Investimenti culturali coraggiosi, compartecipati finanziariamente dalla Regione quando  i Comuni da soli non riescono a dare risposte efficaci e adeguate, sono occasione per riqualificare i territori.

Promuovere bandi accessibili anche alle piccole imprese culturali: per  sostenere la riqualificazione dei luoghi di cultura (in particolare cinema e teatri, biblioteche) in periferie urbane, piccoli comuni e aree interne.

Sviluppare e finanziare il comparto audiovisivo: il sostegno regionale alle attività cinematografiche è stato insufficiente e gestito in maniera inadeguata. Occorre aumentare e far diventare permanenti  le attività di promozione del settore cinematografico attraverso l’assegnazione di maggiori risorse finanziarie allo strumento del Film Fund regionale, e il potenziamento della Film Commission.

Sostegno alla filiera della formazione professionale e dell’alta formazione in ambito culturale e maggiore connessione con le imprese creative e culturali che creano impiego, anche nella definizione dei percorsi di studio per meglio conciliare domanda e offerta.

 

FORMAZIONE
Potenziare i servizi di Orientamento allo studio, maggiore coordinamento tra le agenzie che si occupano di formazione e i diversi livelli di governo (Stato, Regione, Comuni).

Istruzione e formazione professionale e tecnica (IeFP): la formazione professionale non può essere finanziata solo da bandi regionali annuali, in cui il contingente di “doti” attribuito a ciascun ente/cfp per ogni annualità di corso è determinato a priori. Per valorizzarla occorre invece tenere conto e valutare gli esiti in termini di successo formativo, sbocchi occupazionali, inclusione sociale.

Alternanza Scuola Lavoro (ASL) di qualità e in rapporto con il territorio. L’alternanza scuola-lavoro obbligatoria, introdotta dalla Legge 107, cambia il modo di fare scuola e muta i rapporti tra scuola e mondo produttivo: l’acquisizione di competenze professionali e culturali sui luoghi di lavoro non è solo un’esigenza delle imprese, ma risponde ai bisogni dei giovani.

L’ente Regione, che gestisce la Formazione Professionale e i percorsi di apprendistato, deve favorire il raccordo e il coordinamento tra scuole e lavoro – compito fondamentale finora disatteso. A tale scopo deve sviluppare un sistema per la formazione dei tutor e gestire il monitoraggio dei risultati, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale, i Centri per l’Impiego, le Camere di Commercio e le associazioni degli imprenditori.

Il valore dello stage. Lo stage è un importante strumento di apprendimento e di prima reale esperienza lavorativa. Deve essere soggetto a regole trasparenti e non avere alcun carattere di sfruttamento; è necessario istituire in Regione  un tavolo permanente, con tutti i soggetti coinvolti, per orientare le politiche regionali alla più efficace e corretta applicazione di questo strumento, per garantire qualità e dignità di un percorso che deve essere reale opportunità di crescita.

Aggiornare il sistema delle dotazioni: una delle competenze più importanti delle Regioni in tema di politiche scolastiche è senz’altro il diritto allo studio. In Lombardia tale sostegno si fonda su contributi dati per l’acquisto di libri di testo, dotazioni tecnologiche e strumenti per la didattica, e contributi dati agli studenti che frequentano una scuola dove si prevede il pagamento di una retta. Per evitare che si creino canali privilegiati di finanziamento, occorre aggiornare i criteri Isee che permettono di accedere a questi contributi, in modo che le misure vadano a sostegno delle famiglie economicamente più deboli e siano uno strumento di inclusione.

SALUTE e WELFARE

SALUTE e WELFARE

Salute e Welfare riguardano tutti. Dobbiamo ridurre le disuguaglianze territoriali e sociali di accesso a sanità e welfare e ricomporre la continuità tra interventi  sanitari e sociali. Per una Sanità più vicina ai cittadini, pensare alle cure ma anche allo stare bene.

RIDISTRIBUIRE MEGLIO GLI INVESTIMENTI:
La Regione impegna quasi il 70% dei suoi investimenti (la quota più grande del bilancio) in Sanità. Occorre investire non solo sugli ospedali e le cure specialistiche, ma anche sulla medicina e welfare di territorio: poliambulatori, dove trovare medici specialisti, medici di base, e avere prestazioni di media o bassa intensità e assistenza infermieristica (vedi Casa della Salute dell’Emilia Romagna).

CONTINUITÀ NELLA CURA
Connettere la rete socio sanitaria regionale ai servizi territoriali di assistenza: tenere salute e welfare sotto la stessa sfera decisionale, con un unico assessorato che coordina con pari attenzione interventi sanitari e assistenza di carattere sociale.

Sportelli unici del welfare nei territori: sportelli multifunzionali, con operatori sanitari e servizi di assistenza. Costituzione di equipe multifunzionali in accordo con i Comuni per la valutazione integrata dei bisogni sanitari, socio-assistenziali e sociali.

Più investimenti sulla sanità e l’assistenza diffusa: soldi e personale ai servizi pubblici sul territorio, consultori, analisi dei bisogni di personale in ambiti dove c’è sovraofferta per ottimizzare le risorse. Incentivare l’introduzione dell’emergenza anche  nel privato (PS).  

Diffondere strutture a bassa intensità di cura: dalle strutture con possibilità di ricovero per i postacuti con day hospital, a strutture che tengono insieme ambulatori dei medici di base, pediatri, specialistici, riabilitazione, luoghi della presa in carico dei pazienti, post acuti o cronici. Valorizzare i medici di base in modo da offrire al paziente, a seconda della sua patologia/situazione sanitaria, un vero “percorso di cura” da seguire con un programma definito che lo porta dall’ospedale alla guarigione.

Attenzione maggiore ai più fragili e alle patologie croniche: maggiore impegno per accorciare le liste d’attesa nel pubblico, no al superticket  per chi ha redditi bassi e potrebbe rinunciare a curarsi, ticket  progressivo secondo reddito ISEE.

Mai più scandali, più controlli, regole trasparenti: più controlli sui comportamenti opportunistici nelle strutture di cura e ospedaliere (ricoveri ripetuti e scorrette attribuzioni di diagnosi per avere il doppio pagamento in caso di aggravamento; riduzione della qualità delle prestazioni per abbassare i costi a parità di rimborsi; selezione della casistica più remunerativa e rifiuto di quella meno sostenibile, come ad esempio il pronto soccorso; o al contrario selezione della casistica che comporta costi più bassi).

Riprogrammare i servizi sanitari sul territorio:  coinvolgere di più i Comuni sulla programmazione nei loro territori, per una maggiore integrazione tra il Piano socio sanitario regionale, i piani socio sanitari locali e i piani sociali di zona dei Comuni.

Più investimenti sulla prevenzione: campagne educative per promuovere stili di vita sani (dieta equilibrata, movimento, sport) a partire dalle scuole (ma non solo). Promozione anche del benessere psicologico-relazionale (life skill education nelle scuole, programmi di promozione delle politiche di conciliazione nei posti di lavoro). Estendere gli screening (per esempio, un arco temporale più ampio per la mammografia).

Promozione della co-progettazione di servizi di welfare con il terzo settore.

Sostegno maggiore alle reti che si occupano di fragilità sociale (esempi: ludopatie, violenza sulle donne).

 

DIRITTO ALLO SPORT

Il ruolo svolto dallo sport nella società in termini di salute e di integrazione sociale è già stato riconosciuto a livello europeo: va ribadito e promosso lo sport inteso come diritto della persona al benessere fisico, alla salute, alla gestione del proprio tempo libero, allo svago.

La dimensione sociale dello sport va quanto più estesa a tutti i cittadini come pratica accessibile, superando la visione dello sport come mera pratica agonistica, e rivolta quindi anche agli anziani, alla prima infanzia, ai disabili, alle donne, agli immigrati, superando anche le forti differenze sociali e di genere.

Lo sport come strategia di integrazione sociale deve vedere il moltiplicarsi degli attori coinvolti in direzione dello sport per tutti, per una offerta sportiva adeguata alla pluralità di scelte.

DI TUTTE, PER TUTTE

DONNE

Pari opportunità nel lavoro, più lavoro agile, strumenti per la conciliazione (servizi di cura e tempi di vita), sostegno alla rete antiviolenza, promozione della salute di genere, rispetto dell’autodeterminazione delle donne.

DONNE E LAVORO
Dobbiamo facilitare l’ingresso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro,  pensare più servizi e incentivi per ridurre le distanze tra occupazione maschile e femminile, e per riequilibrare il carico di cura. Il tema del lavoro si intreccia con quello della politiche per la parità: al tempo del lavoro retribuito si somma il tempo gratuito, ancora poco condiviso, dedicato a bambini e anziani, alla casa. Si deve intervenire per favorire il rientro dopo la maternità, e stimolare il congedo parentale per gli uomini, perché avere un figlio non puo’ riguardare solo le donne.

Occorre promuovere, sostenere, valorizzare l’imprenditoria e l’artigianato femminile nella vita sociale, culturale, economica della regione.

Forbice salariale: il divario nelle retribuzioni tra uomini e donne in Lombardia resta ancora ampio. L’impegno a eliminare le differenze e’ uno strumento per la crescita economica, non solo una questione di diritti e di giustizia. Qui una pubblicazione che ho curato sul tema e un Progetto di Legge per la Lombardia di cui sono prima firmataria. 

Conciliazione:  investire di più sui servizi (nidi, scuole aperte, assistenza sul territorio per anziani e disabili) per facilitare la conciliazione vita-lavoro delle donne.

Soluzioni innovative per conciliare professione e famiglia: promuovere la diffusione dello smart working, il lavoro agile, e premiare le aziende che favoriscono nella contrattazione orari flessibili; attivare misure Family friendly nei luoghi di lavoro, a partire dal lavoro in Regione.

Welfare di prossimità: da aumentare con servizi di assistenza all’infanzia e alla cura degli anziani diffusi sul territorio e a costi accessibili.

Applicare la sicurezza sul lavoro anche in un’ottica di genere, predisponendo dispositivi di sicurezza mirati in base al genere.

Formazione: orientamento formativo e borse di studio per incoraggiare le ragazze a intraprendere percorsi universitari scientifici e tecnologici. Le ragazze sono più della metà degli studenti delle superiori, ma solo il 30% è iscritta a corsi scientifici e tecnologici. Le donne scelgono spesso specializzazioni universitarie che non sono molto richieste dal mercato del lavoro e che rendono loro difficile trovare un’occupazione dopo la laurea, mentre in Lombardia cresce la richiesta di competenze professionali  tecnico scientifiche.

DONNE, SALUTE E DIRITTI
Medicina di genere: le donne hanno diritto a una sanità fondata su una medicina che sappia riconoscere la specificità femminile, sia nella cure sia nella ricerca. Le donne sono la maggioranza sia dei soggetti curanti (caregiver formali e informali, ovvero personale medico-sanitario, sociale e assistenziale e familiare e amicale), che dei soggetti curati.

Diritto all’autodeterminazione: deve essere riconosciuto  e accompagnare le donne nelle scelte sulla maternità e la contraccezione, nella piena applicazione della Legge 194 con la garanzia di personale medico non obiettore in tutte le strutture ospedaliere, e la presenza di consultori familiari diffusi sul territorio.

Nuovi bisogni della vecchiaia: per la salute delle donne over 65 (nelle diverse età 70-75 / 75-80 …) servono cure ad hoc. Per affrontare gli anni della maturità e della vecchiaia in buona forma sono necessarie risposte a nuovi bisogni e necessità. Anche se la vecchiaia è sempre più al femminile, l’aspetto di genere viene spesso trascurato da medici e operatori sanitari, e gli studi si occupano ancora poco delle diversità tra le modalità della donna e dell’uomo di invecchiare e di vivere l’invecchiamento. Attualmente tre ospiti su quattro delle residenze RSA sono donne ma l’ottica di genere non è ancora considerata nei contesti geriatrici.

Le donne anziane sono meno scolarizzate degli uomini, con un’alta probabilità di finire la loro vita da sole, e meno preparate ad affrontare incombenze economiche o gestionali che hanno spesso demandato agli uomini. Per questo serve assistenza e supporto.

Nello stesso tempo servono strumenti utili a socializzare facendole  uscire dalla routine quotidiana, fornendo nuove opportunità di dedicarsi ad attività scelte anziché obbligate (in genere di cura dei nipoti e di altri anziani). Servono politiche che incentivino le donne over a coltivare nuovi interessi, ad accedere alla cultura, a praticare sport, a riprendere gli studi, o attivarsi nel volontariato.

Legami omoaffettivi: dobbiamo procedere sulla strada del loro pieno diritto al riconoscimento, senza prese di posizione moralistiche di parte, come quelle viste in Regione per il Family day.

Occorre sostenere le famiglie monogenitoriali, anche nell’affrontare i problemi legati all’incompiuta regolamentazione a livello giuridico della loro realta’.

DONNE E VIOLENZA
Far comprendere che è un fenomeno strutturale, trasversale a tutti gli strati sociali, non solo emergenziale,  richiede un impegno costante e diffuso per contrastarlo.

Facendo prevenzione, nelle scuole con interventi educativi per combattere gli stereotipi, educazione all’affettività e al rispetto delle differenze promuovendo relazioni tra i generi basati sul reciproco rispetto.

Sostenendo con più fondi la rete dei centri antiviolenza che offrono ascolto, accoglienza, protezione alle vittime di abusi. No alla schedatura, si’ all’anonimato e alla segretezza.

DEMOCRAZIA PARITARIA
Ci deve essere parità di genere negli organi di governo della Regione e nelle società partecipate (stesso numero di componenti nella giunta e nei cda), con il controllo dell’applicazione della legge nazionale esistente (Legge Golfo-Mosca).

Favorire lo scambio tra i livelli istituzionali, e la partecipazione delle donne alla vita sociale dei territori.

Occorre potenziare il ruolo e i compiti del CONSIGLIO PER LE PARI OPPORTUNITA’, organo di garanzia che promuove la diffusione della cultura della parità, e che valuta l’applicazione di norme antidiscriminatorie,  e l’attuazione del principio di pari opportunità.

Ha ora potere consultivo mentre dovrebbe avere potere sanzionatorio (e premiale).

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